L'OCCIDENTE HA BISOGNO DI RECUPERARE LA DIMENSIONE DEL MISTERO? - Le Liturgie "abusate" e "abusanti"

 «Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali! Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista».


Rivolgendosi ai partecipanti al Giubileo delle Chiese Orientali, Leone XIV ha in realtà indirizzato un messaggio potente all'Occidente cristiano, in cui la trascendenza (di cui la Liturgia è massima espressione) sembra ormai appiattita nella dimensione esclusivamente orizzontale di Celebrazioni molto spesso abusate e abusanti.

Abusate, perché nonostante l'esistenza di "norme" ben precise alla base della Messa, le nostre liturgie, opera di Dio, divengono opera dell'uomo che le trasforma al di là di quanto concesso, rendendole in molti casi rituali "custom made": ma a misura di chi?
Torna alla mente il concetto di "liturgia creativa", forse andato in pensione per troppo tempo: quante volte, una Celebrazione personalizzata diventa, in realtà, una torre di Babele, confusionaria per i fedeli, banalizzata, desacralizzata, incapace di spalancarci la porta del Cielo sulla terra?

Arriviamo così al concetto di Liturgia "abusante": un termine forte, indubbiamente, ma non è possibile  prendere seriamente a cuore il tema senza sottolineare che un abuso alla Liturgia diventa anche un abuso al fedele, costretto a non immergersi nella bellezza del Sacro, portato non a essere introdotto in una via mistagogica, che a poco a poco apra spiragli sul Mistero, ma a catapultarsi in una serie di invenzioni rituali, di sovrapposizioni simboliche (con effetti estetici tutt'altro che dignitosi), di inanellamenti di parole esplicative inserite in ogni dove come didascalie non richieste. Cose che a ogni costo vogliono decifrare l'indecifrabile Mistero, situazioni che frammentano il ritmo liturgico, che spezzano l'immersione in una dimensione altra, che deconcentrano, che fanno perdere, in sintesi, quel senso permeante di ingresso, anche se in un arco temporale ridotto, in una dimensione che non sia semplicemente umana. 

Giocano un ruolo fondamentale, in tutto questo, canti, parole, preghiere, gesti. Ha un'importanza capitale la capacità del presbitero di essere fedele nell'ars celebrandi "cum Ecclesia", senza fare di ogni Eucaristia un gara di originalità, con la scusa di riempire qualche banco in più. 

Perché la qualità di una comunità, in soldoni, non si misura col termometro delle presenze. Quelle lasciamole a chi si interessa di proselitismo.
Alla singole chiese affidiamo il compito di curare Liturgie "educative", capaci di impregnare di sacro i fedeli, formandoli così a una fede vissuta, realmente, nella certezza della presenza del Cristo Risorto, per gustarne la bontà e fedeltà, e diventare testimoni credibili del suo Vangelo.


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